Ma quale magia, mi domandai.

In primo luogo, Gesù bambino era nato da appena poche ore, quindi costringerlo a portare i regali nel mondo si configurava come lavoro minorile… e niente, a questo punto mi addormentai perché ero sì una bambina precoce – e su questo ci torneremo –, ma già all’epoca il diritto del lavoro mi annoiava parecchio.
Mi trovai di colpo in una grande casa in legno, immersa in un bosco innevato. Gli elfi, tutto intorno a me, preparavano regali, avvolgevano scatole colorate con carta e fiocchi, scrivevano biglietti e impilavano pacchi sulle slitte.
Le renne si allenavano nell’angolo palestra, chi sul tapis roulant, chi alla cyclette.
Ad un tratto, qualcuno mi batté sulla spalla.
«Oh, sei Babbo Natale!», esclamai felice.
In quel momento mi svegliai. Stavolta ero nella mia cameretta e, accanto a me, vidi un neonato con la faccia truce.
«Sono Gesù bambino. Qualcosa in contrario?»
Lo disse con l’aria da bulletto di periferia.
Sgranai gli occhi.
«Come mai sei qui? I bambini del mondo non ti stanno aspettando?»
Lui si rabbuiò.
«Macché, aspettano tutti Babbo Natale, fosse per loro sarei quasi disoccupato. Se qui in Italia aveste già eletto Conte, mi trasferirei e vivrei con il reddito di cittadinanza».
«Non capisco…», obiettai.
«No, è che vedo anche il futuro. Verrà eletto un premier…»
«Non intendevo quello, non capisco perché sei qui».
Il neonato sospirò.
«Mi serve una mano. Il problema è che può vedermi solo chi crede in me e mi sa che siete rimasti in pochi. E anche quei pochi… wow, non ci credo a quanto sei brutta».
«Sarai bello tu, ciccione».
«Io crescendo miglioro, prendi solo tutti gli attori fighi che mi hanno interpretato…»
«Robetta. Io sarò interpretata da Gwineth Paltrow».
«Ma non è ancora famosa, come fai a conoscerla?»
«Beh? Questa è una notte magica e io sono una bambina precoce».
Gesù bambino ci pensò.
«E comunque, perché dovrebbero fare un film su di te?»
«Diventerò una scrittrice bravissima».
«Ehm… a questo proposito…», iniziò lui.
«E comunque non puoi farmi body shaming».
«Ma il body shaming sarà coniato tra quarant’anni, come fai a…»
«Te l’ho detto, sono una bambina precoce. Tornando a noi, cosa ti serve?»
«Devi aiutarmi a portare i regali a tutti i bambini del mondo».
Sgranai gli occhi.
«Ma non li porta Babbo Natale?»
«Quell’imbecille gonfiato dal marketing? Stanotte non lavora, succede ogni anno. Questa volta gli elfi sono scesi in sciopero, chiedono tagli del cuneo fiscale in busta paga».
«Cos’è un cuneo fiscale?»
Gesù bambino sospirò.
«Questo, onestamente, non l’ho capito neanch’io. Andiamo?»
Lavorammo per tutta quella notte magica e, in diverse occasioni, corressi Gesù bambino in geografia.
All’alba tornai nel mio letto.
«Quindi», gli chiesi, «tu porti i regali ogni anno ma i bambini credono a Babbo Natale?»
Il neonato divino sospirò.
«Nella vita ci sono due categorie di persone: quelle che si prendono tutti i meriti e quelle che lavorano veramente. Se non ci fossimo noi, però, il mondo andrebbe in malora».
Non sapevo ancora il perché, ma l’istinto mi suggeriva che fosse una frase molto vera.
«Addio», disse Gesù bambino.
«E i miei regali?»
«Eh, forse c’è un errore. Mi sono rimasti soltanto libri».
«Li ho chiesti io».
«Ma hai solo cinque anni!»
«Ho imparato a leggere a quattro. Sono una bambina…»
«Già, precoce», concluse il divino neonato.
Fece schioccare le dita e mi risvegliai improvvisamente nel mio letto.
Nella camera non c’era nessuno.
Da quel Natale, racconto questa storia ogni anno.
Nessuno, però, ci crede mai.

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